lunedì 9 marzo 2009

Una lettera che mi ha commosso

Ho letto questa lettera che mi ha profondamente commoso e scosso.
Commosso pensando alla sofferenza di questa donna in uno dei momenti più drammatici della vita.
Scosso pensando come l'applicazione delle leggi rimangano spesso disattese.
La lettera, datata 5 marzo, è tra quelle inviate a Corrado Augias su Repubblica.

La trascrivo integralmente per come è stata pubblicata.

ABORTIRE NEL DOLORO TRA MEDICI OBIETTORI
Caro Augias, ho letto qualche giorno fa su Repubblica che la responsabile del servizio Interruzione Volontaria di Gravidanza (Ivg) del S. Camillo di Roma lamentava che gli anestesisti fossero tutti obiettori.
Proprio in quella struttura tre anni fa ho effettuato una Ivg a causa di una grave malformazione del feto. Tralascio ogni considerazione sulla sofferenza di una simile scelta; una donna che arriva a 21 settimane il figlio lo voleva proprio. Tralascio infine anche la sofferenza che la scelta mi comporterà per tutta la vita perchè l'aborto, a differenza di quanto spesso alcuni raccontano, non è mai un "ripiego" facile.
Assolutamente ignobile è che io avevo bisogno di una epidurale per effettuare l'interruzione, ero molto agitata, avevo paura, avevo effettuato meno di una anno prima un cesareo per far nascere la mia prima figlia, ma gli anestesisti erano tutti obiettori.
Passavano medici e ostetriche e mi dicevano che stavo facendo la cosa giusta ma, erano tutti obiettori. Non per motivi di coscienza (se mai in una struttura pubblica fosse lecita una simile possibilità) ma di carriera.
Ero stata "appoggiata" con il lettino fuori dalle sale parto in attesa delle contrazioni forti.
E' straziante sentire i figli degli altri che nascono mentre tu non vuoi ( e dico "vuoi" assumendomi tutte le responsabilità) far nascere il tuo.
Avevo dolori terribili, alla fine la dottoressa si è dovuta attaccare al telefono urlando come una pazza che mandassero l'anestesista del reparto dell'Igv, l'unico in servizio non obiettore.
Dopo lunghe ore di attesa mi fa finalmente l'epidurale. L'effetto dura poche ore (per interrompere una gravidanza avanzata ci vogliono a volte anche due giorni), quindi siamo da capo: non si trova un anestesista per ricaricare l'analgesico. Ricordo ancora una anestesista tanto affettuosa che mi è venuta vicina a darmi conforto, ma nemmeno lei poteva fare nulla, era obiettrice. Così le ostetriche: so che poi mi ha aiutato la dottoressa per far finire quel calvario cercando di sostituire le ostetriche latitanti.
Finale della storia: un'ostetrica dal cuore buono subito dopo l'espulsione del feto mi si è avvcinata e mia ha chiesto se volevo fargli il funerale: una simile domanda è prevista dalla legge!



Certo l'aborto è un tema delicato e complicato, ma nascondersi come gli struzzi e non parlarne non serve e non aiuta.
La 194 invita a fare tutto il possibile per aiutare la donna in questi momenti.
Come vanno verificate, recita l'articolo 5, "le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza", altrettando giusto è dare alla donna tutto il sostegno necessario, psicologico e medico, quando si arivasse alla scelta di praticare l'aborto.
Lasciare la donna sofferente senza l'epidurale significa disattendere la legge.

Questa lettera mi ha commosso, come continuamente mi commuove pensare ad ogni donna che si sia trovata, che si trovi o che si troverà, in una simile situazione.
Per quanto mi riguarda ha tutta la mia comprensione e solidarietà.

Claudio

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