venerdì 27 gennaio 2012
«Presidente della Consulta Sport? Solo se si cambia rotta».
Ecco il testo dell' intervista rilasciata a Luigi Frigoli di Infolio nel'edizione del 20 gennaio.
Questa settimana microfoni accesi e puntati su Claudio Gargantini.
Consigliere comunale eletto tra le fila del Pd cinque anni fa, ma a metà legislatura fuoriuscito dal partito per divergenze di linea e vedute con la dirigenza.
Oggi fa parte per se stesso, tra i banchi dell’aula Spinelli, come indipendente.
Andiamo subito al dunque: si ricandiderà alle prossime elezioni?
«No. Recentemente sono diventato papà per la seconda volta e voglio avere più tempo possibile da dedicare alla mia famiglia. Anche da semplice comune cittadino, però, non farò mancare il mio contributo al dibattito politico. Ringrazio dunque tutti coloro mi hanno invitato a ripresentarmi fondando una lista civica. Ma in questo momento le priorità sono mia moglie e i miei figli».
Anche se non tornerà nell’agone, ci dà un giudizio da indipendente sulla situazione politica locale? Partiamo dal centrosinistra...
«Senza dubbio Comincini e soci stanno capitalizzando il lavoro svolto in questi anni, tramite l’allargamento del proprio bacino di consensi. Almeno sulla carta, visto che il recinto della coalizione si è ampliato ufficialmente a Sel e all’Idv. Per quel che riguarda il consenso reale, ogni giorno noto che tante persone non hanno apprezzato molte delle scelte fatte dalla giunta in questi anni. E questo la prossima primavera potrebbe sottrarre gradimento all’amministrazione comunale uscente».
Dove avrebbero sbagliato Comincini e la sua maggioranza?
«Eugenio ha fatto molte cose positive e non tutto è da buttare, ci mancherebbe. Peccato però che, e non è la prima volta che lo dico, lui e la sua coalizione abbiano sostanzialmente rinunciato a giocare le partite più importanti, lasciando che le grandi sfide per il futuro della città si trasformassero in occasioni perse. E mi riferisco all’Ipsia, a Villa Alari, alla ex Garzanti, al centro sportivo».
Il motivo secondo lei?
«L’essere sempre troppo ancorato alla vecchia politica delle contrapposizioni, delle lobby, delle sacrestie. Senza contare il modo di governare stile “So solo io come si deve fare”, che porta a scartare automaticamente ogni ipotesi, indipendentemente dal fatto che sia buona o cattiva, solo perché non arriva necessariamente dalla propria cerchia. Di qui l’impossibilità di cambiare radicalmente il volto alla città, come tanti, nel 2007, si aspettavano che facesse».
Secondo molti, però, a un sindaco servono due mandati per lasciare il segno...
«Concordo. Ma la volontà di farlo si nota sin dal principio. In questi anni su molti temi sono mancati coraggio, visione, prospettiva. Per questo siamo destinati a restare un paesello. Dove si vive bene, per carità. Ma ben lontani dal fare davvero il salto di qualità».
Sul centrodestra cosa mi dice?
«Al momento sembra una zattera alla deriva. La cosa che più mi sconvolge è che sia il Pdl che la Lega restino sempre e comunque ancorati a cosa si decide o si deciderà nelle sedi milanesi. Inoltre, tra le fila dell’opposizione, continuo a vedere troppi che giocano a fare i battitori liberi».
Come se ne esce?
«Penso che per riaprire i giochi debbano entrambe puntare su un candidato sindaco proveniente dalla società civile, conosciuto sul territorio e in grado di pescare i voti anche nel centrosinistra. Se si butteranno sui soliti nomi prettamente politici allora sono destinate a soccombere ».
Consulta dello Sport. Il direttivo si è dimesso e presto ci saranno nuove elezioni. Si vocifera che per la presidenza post-Gerli ci potrebbe essere una sfida tra lei e Ambrosoni. Conferma?
«Per rispondere la prendo alla lontana. Dal mio punto di vista la Consulta dello Sport ha sostanzialmente fallito la sua missione, perché ha tradito lo spirito originario con cui era nata. Zero autonomia, zero trasparenza, zero confronto, zero collegialità. Questo a causa dell’innegabile conflitto d’interessi dell’ex presidente Gerli ma anche per inesperienza. Adesso l’assemblea è a un bivio: proseguire sulla strada “spartecipata”, incapace di essere da traino per il mondo dello sport, oppure cambiare rotta, per diventare un reale luogo di scambio, crescita e proposta».
Dunque?
«Se dunque alle società va bene così com’è, ne prendo atto e stop. Se, viceversa, auspicano una radicale inversione di tendenza potranno contare su di me».
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