Un testo, una canzone, per dire forte e chiaro che l’Amore viene prima di tutto.
Anche Sanremo può fare bene.
Vive l’amour
Claudio
Il mio amico di Anna Tatangelo
Il mio amico che non dorme mai di notte
Resta sveglio fino a quando da mattina
Con il viso stanco e ancora di po’
Di trucco lascia
I sogni chiusi dentro ad un cuscino
Il mio amico ha molta luce dentro gli occhi
Per guardare chi non c’è
Fa di tutto per assomigliarmi tanto vuole amare come me
Ma poi si chiude dentro di sé
Il mio amico s’incammina per la strada
Fa un accenno e ti saluta col sorriso
Nel suo sguardo attento e un poco malizioso
Per avvicinarsi trova mille scuse
Il mio amico avvolto dentro l’amarezza
Mi fa tanta tenerezza
Anche quando nasce l’alba più sicura
Poi di notte gli regala la paura
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
O forse un po’ di più
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
Se il cuore batte forte
Dà la vita a quella morte che vive dentro te…
Il mio amico cerca un nuovo fidanzato
Perché l’altro già da un pezzo l’ha tradito
Dorme spesso accanto a me dentro al mio letto
E si lascia accarezzare come un gatto
Il mio amico mi confida le sue cose
Anche quelle che non sa
Poi mi guarda mentre spegne il suo sorriso
Spera sempre in quell’amore che non ha
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
O forse un po’ di più
Nel cammino dell’amore
Scende sempre quel dolore dentro te
C’è chi ti guarda con disprezzo
Perché ha il cuore di un pupazzo dentro
Se a chi dice che non sei normale
Tu non piangere su quello che non sei
Lui non sa che pure tu sei
Uguale a noi e che siamo figli dello stesso Dio
Dimmi che male c’è
Se ami un uomo come te
Se il cuore batte forte
Dà vita a quella morte che vive dentro te…
Ascolta la canzone su
http://www.youtube.com/watch?v=n5e_S2TTAMI&feature=related
giovedì 28 febbraio 2008
lunedì 25 febbraio 2008
Dal cuore alla mente e via alla scrittura
Persone naviganti nel mio blog, passate per caso o per volontà. Bentornate.
Domenica mi ero riproposto di scrivere nuovi pensieri il libertà, ma impegni e pigrizia non me lo hanno permesso. Anche gli impegni sono a volte una pigrizia esternalizzata.
L' amico Enrico nel footing domenicale mi ha chiesto: Hai scritto qualcosa di nuovo sul tuo blog? No, purtroppo no, ma ho pensieri che vorrei comunicare, gli ho risposto. Ho nel cuore e nella mente pensieri particolari in questi giorni.
Vorrei scrivere dell'amore e della coppia, dove la prima cifra di riconoscimento è la dichiarazione a seguito di amore-affetto, in una forma responsabile, cosciente ed esclusiva.
Politicamente impegnato nel contribuire a creare la Consulta dello Sport e allenatore di adolescenti in oratorio vorrei scrivere di Sport.
Sport come fortemente educativo al pari di tutte le altre attività oratoriane e Sport come crescita personale e civile di una comunità.
Vorrei scrivere di scarti umani. In questa nostra società in cui il nostro grido di scandalo non è verso i ricchi sempre più ricchi ma contro i poveri spesso più poveri.
Vorrei scrivere dalla "dura" vita da consigliere di maggioranza.
Tra l' essere il megafono della giunta e il gioco delle parti, c'è una nuova strada da percorrere. Riconoscerla è un mio continuo cruccio.
A presto allora, per i pezzi più completi sugli argomenti di cui sopra.
Anche tu lascia il tuo pensiero, un pezzo del tuo cuore in quest blog. Mi farebbe un immenso piacere.
Grazie
Claudio
venerdì 22 febbraio 2008
La Rosa Bianca c'è già!
La "Rosa Bianca" non è il nome di un neonato movimento politico, partorito dalla mente di Baccini, Pezzotta e Tabacci. E' il nome di un'associazione di cultura e impegno politico, che è viva e operante in Italia da circa trenta anni.
L'associazione "Rosa Bianca", pur ispirandosi nella scelta delle parole di presentazione anche ad una nota poesia del sudamericano Josè Marti e nel simbolo ad una rosa bianca con una colomba al posto del bocciolo, prese il nome dal gruppo di studenti tedeschi, che si opposero, fino al martirio, al regime nazista per difendere l'ideale di libertà e di dignità di tutti gli esseri umani.
L'ispiratore della nascita della Rosa Bianca italiana fu il giornalista scrittore Paolo Giuntella, alla fine degli anni settanta. La prima iniziativa pubblica risale al convegno di Pisa "Riamare la politica" organizzato nel 1980 e l'ultima è del 4 febbraio 2008: la presentazione, a Milano, con la partecipazione della sorella Anneliese Graf, della biografia di Willi Graf (uno degli studenti tedeschi decapitati nel 1943), edita da Il Margine.
Nel 1988 veniva formalmente costituita l'associazione Rosa Bianca , che dopo tanti anni di organizzazione di convegni, incontri estivi di formazione politica, incontri di spiritualità, numerosissime pubblicazioni, il 9 giugno 2000 registrava anche un sito con il nome a dominio www.rosabianca.org.
L'iniziativa Baccini, Pezzotta e Tabacci ha creato una gravissima confusione tra l'identità, la storia trentennale e la reputazione dell'associazione Rosa Bianca e il movimento politico cosiddetto "Una Rosa per l'Italia - Libertà e Solidarietà", confusione aggravata dal fatto che il nome del sito è stato copiato e i contenuti saccheggiati.L'associazione ha fatto ogni passo, in via amichevole, per far desistere i fondatori del partito dall'usurpazione del nome e dal furto di una storia e di un'identità. E' stato tutto inutile e la stessa associazione è stata costretta a valutare l'utilizzo di altri strumenti di tutela del proprio nome e, indirettamente, di quello, glorioso, della "Rosa Bianca" tedesca, che –si noti- in Germania nessuno si è mai permesso di associare ad un partito politico.
Nonostante la decisione di chiamare il movimento politico "Una Rosa per l'Italia, Libertà e Solidarietà", i fondatori vengono continuamente definiti segretario o presidente della Rosa Bianca, senza peraltro nessuna loro smentita pubblica. Inoltre le loro attività, i sondaggi e le notizie, vengono tutte attribuite alla definizione semplificata della Rosa Bianca, facilitata dalla scelta di inserire nel simbolo del movimento una rosa bianca.
L'associazione "Rosa Bianca", pur ispirandosi nella scelta delle parole di presentazione anche ad una nota poesia del sudamericano Josè Marti e nel simbolo ad una rosa bianca con una colomba al posto del bocciolo, prese il nome dal gruppo di studenti tedeschi, che si opposero, fino al martirio, al regime nazista per difendere l'ideale di libertà e di dignità di tutti gli esseri umani.
L'ispiratore della nascita della Rosa Bianca italiana fu il giornalista scrittore Paolo Giuntella, alla fine degli anni settanta. La prima iniziativa pubblica risale al convegno di Pisa "Riamare la politica" organizzato nel 1980 e l'ultima è del 4 febbraio 2008: la presentazione, a Milano, con la partecipazione della sorella Anneliese Graf, della biografia di Willi Graf (uno degli studenti tedeschi decapitati nel 1943), edita da Il Margine.
Nel 1988 veniva formalmente costituita l'associazione Rosa Bianca , che dopo tanti anni di organizzazione di convegni, incontri estivi di formazione politica, incontri di spiritualità, numerosissime pubblicazioni, il 9 giugno 2000 registrava anche un sito con il nome a dominio www.rosabianca.org.
L'iniziativa Baccini, Pezzotta e Tabacci ha creato una gravissima confusione tra l'identità, la storia trentennale e la reputazione dell'associazione Rosa Bianca e il movimento politico cosiddetto "Una Rosa per l'Italia - Libertà e Solidarietà", confusione aggravata dal fatto che il nome del sito è stato copiato e i contenuti saccheggiati.L'associazione ha fatto ogni passo, in via amichevole, per far desistere i fondatori del partito dall'usurpazione del nome e dal furto di una storia e di un'identità. E' stato tutto inutile e la stessa associazione è stata costretta a valutare l'utilizzo di altri strumenti di tutela del proprio nome e, indirettamente, di quello, glorioso, della "Rosa Bianca" tedesca, che –si noti- in Germania nessuno si è mai permesso di associare ad un partito politico.
Nonostante la decisione di chiamare il movimento politico "Una Rosa per l'Italia, Libertà e Solidarietà", i fondatori vengono continuamente definiti segretario o presidente della Rosa Bianca, senza peraltro nessuna loro smentita pubblica. Inoltre le loro attività, i sondaggi e le notizie, vengono tutte attribuite alla definizione semplificata della Rosa Bianca, facilitata dalla scelta di inserire nel simbolo del movimento una rosa bianca.
Confido che il Suo giornale possa contribuire a mettere ordine in questa confusione, se non altro utilizzando solo il nome "La Rosa per l'Italia" ogni volta che si faccia riferimento alla nuova formazione politica.
Comunicato stampa dell' Associazione Rosa Bianca
martedì 19 febbraio 2008
Attività sportiva, quali Valori?
IL 3 MARZO APPUNTAMENTO CON CONSULTA IN PROGRESS
Un dibattito pubblico con importanti personalità del mondo dello sport
CERNUSCO SUL NAVIGLIO (19 febbraio 2008)
Il cammino di Consulta in progress, l’organo che porterà alla costituzione a livello cittadino della Consulta dello Sport, continua lunedì 3 marzo, alle 20.30, con un incontro pubblico in Villa Alari (via Cavour 16- Cernusco sul Naviglio). La serata intitolata “Attività sportiva, quali valori?” offrirà spunti di riflessione su alcuni temi legati allo sport, come l’ educazione e la formazione, la salute e il benessere, l’aggregazione e l’integrazione, l’agonismo e la competizione, la passione e il divertimento. Tra i relatori anche l’allenatore della Nazionale italiana di basket, Carlo Recalcati.
Il dibattito sarà moderato da Lello Gurrado, giornalista e scrittore cernuschese, e interverranno Livio Luzi, il preside della facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Milano, Anna Maria Arpinati, il presidente regionale di Special Olympics, Donato Sirtori, medico dello sport responsabile dell’Unità operativa di Medicina dello sport di Pioltello Asl 2, e l’Assessore alla Partecipazione e Sport della Provincia di Milano.
Prosegue rapidamente intanto il lavoro della Commissione incaricata di stendere il Regolamento della Consulta. Nel primo incontro i partecipanti hanno definito i principi, le finalità, gli obiettivi e la commissione rappresentativa.
COMUNICATO STAMPA del Comune di Cernusco sul Naviglio
Un dibattito pubblico con importanti personalità del mondo dello sport
CERNUSCO SUL NAVIGLIO (19 febbraio 2008)
Il cammino di Consulta in progress, l’organo che porterà alla costituzione a livello cittadino della Consulta dello Sport, continua lunedì 3 marzo, alle 20.30, con un incontro pubblico in Villa Alari (via Cavour 16- Cernusco sul Naviglio). La serata intitolata “Attività sportiva, quali valori?” offrirà spunti di riflessione su alcuni temi legati allo sport, come l’ educazione e la formazione, la salute e il benessere, l’aggregazione e l’integrazione, l’agonismo e la competizione, la passione e il divertimento. Tra i relatori anche l’allenatore della Nazionale italiana di basket, Carlo Recalcati.
Il dibattito sarà moderato da Lello Gurrado, giornalista e scrittore cernuschese, e interverranno Livio Luzi, il preside della facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Milano, Anna Maria Arpinati, il presidente regionale di Special Olympics, Donato Sirtori, medico dello sport responsabile dell’Unità operativa di Medicina dello sport di Pioltello Asl 2, e l’Assessore alla Partecipazione e Sport della Provincia di Milano.
Prosegue rapidamente intanto il lavoro della Commissione incaricata di stendere il Regolamento della Consulta. Nel primo incontro i partecipanti hanno definito i principi, le finalità, gli obiettivi e la commissione rappresentativa.
COMUNICATO STAMPA del Comune di Cernusco sul Naviglio
Spazzatura e senso civico
Scrivere di spazzatura e di senso civico. Scrivo a titolo personale come semplice comune cittadino. Cosi’ come fare due chiacchiere tra amici. Da qualche mese c’è in Consiglio Comunale e sulle pagine del portale Cernuscoinsieme, oltre che su tutti i media locali, un continuo rilancio di comunicati stampa, di palleggiamento di responsabilità, di articoli sulla Cernusco Verde, essendo la stessa deputata a pulire le nostre strade e a curare il nostro verde. Il mio intervento andrà in un’altra direzione, toccando un nervo scoperto nella nostra città. Per prima cosa vorrei dire un grande GRAZIE a tutti coloro che ogni giorno mettono mano alla nostra spazzatura, ovvero gli operatori ecologici della Cernusco Verde. Lo voglio estendere anche a tutti coloro che devono, per lavoro o per passione, mettere mano alla spazzatura, nelle case, negli uffici, nelle scuole. In questa nostra società consumistica l’unica cosa certa sono gli scarti. Rifiuti organici e rifiuti umani. Mi soffermo ora solo sui rifiuti organici. Raccogliere gli scarti delle case, della città è lavoro importantissimo, forse sottopagato, sicuramente sottostimato. Ma nella nostra società l’attività di chi pulisce risulta essere uno dei pochi lavori utili e necessari. Non ci credete? Date un occhio alla Napoli di questi giorni. Desideriamo vivere in una città decorosa e pulita, penso che su questo non ci siano dubbi, ma non basta solo pulire occorre anche non sporcare. Chi per lavoro deve pulire e ripulire le strade è bene che lo faccia, rimettendo mano magari all’organizzazione dell’attività se questa dovesse risultare deficitaria. Magari ritirando fuori le vecchie scope al posto di quei tromboni d’aria che più che pulire spostano lo sporco. Ma questo non basta. A nessuno è venuto in mente di sollevare il quesito del perché le strade e i giardini sono sporchi? C’è uno sporco causato dalla natura. Ma soprattutto c’è una sporcizia causata dalla maleducazione, non di tutti ma a corrente intermittente tocca tanti di noi. Passeggiando giornalmente con il mio cane, Quincy, sposto continuamente la mia attenzione verso il suolo pubblico. Non posso che registrare come per strada ci siano una grande quantità di sporcizia causata da un discutibile senso civico dei nostri concittadini. Carte buttate per terra, giornali interi strappati, sacchetti lasciati qua e là, per non parlare della cacca dei cani. Nessuno ha sottolineato come Cernusco sia spesso sporca, perché belle signore e bei signori lasciano per terra i bisogni del proprio cane. Ammetto non è chic piegarsi e raccogliere nel sacchetto la cacca del cane, ma lasciarla per strada, sul marciapiede o sulle aiuole non è da signori quali ci vestiamo tutti i giorni. Fumatori incalliti, buttano a terra il pacchetto di sigaretta dopo averlo finito. Ragazzi, ah! i nostri bei ragazzi, buttano a terra carta e lattine ovunque. Fossero extracomunitari qualche pazzo potrebbe gridare all’espulsione. Anche all’oratorio dove ti aspetti un educazione civica oltre che cristiana, spesso occorre passare tra un allenamento e un altro a tirare gli sciacquoni dei water. Sarà che a casa c’è sempre la mamma a pulire e a tirare l’acqua?! Non sarà tempo anche da noi come in Spagna, di istituire corsi di educazione civica nelle scuole, negli oratori, nei quartieri? Verrà forse anche il tempo di sanzionare coloro che sporcano a terra gratuitamente e a volte con estrema strafottenza? Per i giovani si può lavorare, oggi anche i miei adolescenti puliscono a turni gli spogliatoi dopo aver giocato. Coinvolgimento e motivazione fanno ciò che non ti aspetti a prima vista. Ma sugli adulti che fare? La partita è più difficile. Anche per il traffico, facile rilevare il problema delle tante macchine di passaggio. Ok va bene, ma pochi, pochissimi a raccontare come passare sulle strisce pedonali indenni sia diventano anche a Cernusco un percorso a ostacoli. E’ di pochi giorni la notizia che due ragazzi sono stati investiti sulle strisce pedonali. Ogni giorno io e Quincy dobbiamo ritiraci velocemente dalle strisce o passare di corsa, guardando allibiti la cosiddetta bellagente che telefonino all’orecchio o paraocchi al posto degli occhiali, pensa che le strisce pedonali siano l’arrivo di una corsa automobilistica e non un segno di come la città sia il luogo delle Persone viventi e non dei loro mezzi di comunicazione. Chissà perché da pedoni si inveisce verso gli automobilisti, ma quando si sale in macchina ci si sente un pò tutti Schumacher. Telefonino all’orecchio e via come fossimo all’autodromo di Monza. Sarà che la vita è spesso solo un gioco delle parti?! Va bene chiedersi dove sono gli addetti della Cernusco Verde quando troviamo sporche le strade, ma chiediamoci anche quale sia il livello del senso civico dei nostri concittadini?! Discorso in controtendenza il mio, non certo populista, ma il senso civico dei cernuschesi mi stimola e mi preoccupa più che l’organizzazione della Cernusco Verde. Per questa basta una sana organizzazione manageriale, per il primo problema occorre un lungo lavoro. Prevedo generazioni di educatori, che forse ci seguiranno fino alla geriatria. Ma come ho iniziato termino, con un grande GRAZIE a tutti coloro che mettono mano alla nostra spazzatura. Senza di voi la società del consumismo sarebbe sepolta. A presto! Claudio
domenica 17 febbraio 2008
La bellezza di una vita di coppia; ma non tutte le coppie sono uguali davanti alla legge.
Cammino per strada e incontro una Persona.
Mi piace, mi attrae fisicamente ed emotivamente. Ci parlo, me ne innamoro.
Liberamente e responsabilmente, senza costrizione alcuna se non quella del proprio cuore, condividiamo la scelta di vivere insieme in reciproco affetto scaturito da un amore che non sai da dove venga, ma sai dove và.
Scegliamo una casa, un tetto, vogliamo costruire una storia in comune.
Allora siamo coppia, ci dichiariamo liberamente e responsabilmente, ci vogliamo bene, ci prestiamo reciproco affetto, creiamo le basi per una storia comune, esclusiva e irripetibile.
E siamo felici, perché anche il mondo ci riconosce, e lo fa garantendoci alcuni diritti fatti sono per noi.
E che diritti!
Diritti costituzionali come l’Art. 29. che recita così “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.”
Bene, ci presentiamo in Comune, la casa di tutti i cittadini, per ricevere questi diritti, ma ci dicono cortesemente che non possiamo usufruirne.
Non ne comprendiamo il perché. Eppure è chiaro, ne abbiamo diritto.
Siamo una coppia, scegliamo di vivere insieme, ci dichiariamo allo stato e al mondo intero perché tutti ci riconoscano, riconoscano il nostro amore.
Allora perché questa discriminazione?
Ricordiamo all’addetta dello stato civile l’art 3 della Costituzione Italiana “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
In comune ci dicono che è vero, siamo una coppia, vogliamo vivere insieme, vogliamo prestarci affetto e mutua assistenza, vogliamo creare una storia in comune.
Ma nulla, non possiamo godere dei diritti-doveri delle altre coppie che come noi si presentano in comune per il riconoscimento.
Perché?! Gridiamo a gran voce. Perché?!
Semplice dice l’ufficiale, vi chiamate Paolo e Claudio, siete due uomini.
Ah! E' vero siamo due uomini, ma siamo soprattutto due Persone.
Sono tantissime le storie che si infrangono davanti a una legge vecchia e discriminatoria. Oggi grazie a tanti che osano dichiararsi pubblicamente è venuto il tempo di aggiornare quella legge che contraddice l’articolo 3 della Costituzione creando una gravissima discriminazione su base sessuale.
Riprendo una frase di Pier Paolo Pasolini, negli Scritti corsari: “E’ significativo che Hitler abbia mandato nei campi di concentramento tre categorie di minoritari col fine di sterminarli, con la stessa motivazione di salvaguardia della difesa della razza: gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali ( gli omosessuali distinti da un triangolo rosa, erano oggetto di trattamenti abominevoli. Sono tuttavia i soli a non aver mai ottenuto dopo la guerra il diritto a un indennizzo). Anzi possiamo aggiungere, sono gli unici per cui le cose sono sostanzialmente continuate come prima, senza il minimo accenno a qualsiasi forma di riabilitazione.”
Anche oggi le cose sono come prima, nulla è cambiato, la legge è rimasta ferma mentre la società è cambiata.
Nel 2008 nello stato Italiano come nella città di Cernusco gli omosessuali sono discriminati, le coppie omosessuali sono trattate come cittadini di serie B, con minori diritti civili, con minori diritti umani.
Ma ricordiamoci bene l’art 3………. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana………….
A quante Persone oggi, viene negato nel nostro paese, il pieno sviluppo della Personalità? Sono tante, forse troppe.
Anche io che vivo la vita di coppia “ricosciuta” dalla legge, so quanto sia importante che ogni Persona scelta la vita di coppia, al di la del sesso e della condizione sociale, possa avere riconosciuti gli stessi diritti e doveri, possa essere pienamente cittadino e cittadina, dove la cittadinanza è il riconoscimento politico dei diritti umani.
Spero che quella che non so definire altro che gratuita cattiveria cessi quanto prima, se non nell’animo delle Persone, intaccate a volte da ipocrisia e conformismo, almeno nella legge dello Stato.
Credere nei propri Valori, significa porre le basi perché coloro che hanno Valori differenti possano esprimerli e viverli, così da coltivare insieme la convivenza delle differenze.
A presto
Claudio
Mi piace, mi attrae fisicamente ed emotivamente. Ci parlo, me ne innamoro.
Liberamente e responsabilmente, senza costrizione alcuna se non quella del proprio cuore, condividiamo la scelta di vivere insieme in reciproco affetto scaturito da un amore che non sai da dove venga, ma sai dove và.
Scegliamo una casa, un tetto, vogliamo costruire una storia in comune.
Allora siamo coppia, ci dichiariamo liberamente e responsabilmente, ci vogliamo bene, ci prestiamo reciproco affetto, creiamo le basi per una storia comune, esclusiva e irripetibile.
E siamo felici, perché anche il mondo ci riconosce, e lo fa garantendoci alcuni diritti fatti sono per noi.
E che diritti!
Diritti costituzionali come l’Art. 29. che recita così “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.”
Bene, ci presentiamo in Comune, la casa di tutti i cittadini, per ricevere questi diritti, ma ci dicono cortesemente che non possiamo usufruirne.
Non ne comprendiamo il perché. Eppure è chiaro, ne abbiamo diritto.
Siamo una coppia, scegliamo di vivere insieme, ci dichiariamo allo stato e al mondo intero perché tutti ci riconoscano, riconoscano il nostro amore.
Allora perché questa discriminazione?
Ricordiamo all’addetta dello stato civile l’art 3 della Costituzione Italiana “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
In comune ci dicono che è vero, siamo una coppia, vogliamo vivere insieme, vogliamo prestarci affetto e mutua assistenza, vogliamo creare una storia in comune.
Ma nulla, non possiamo godere dei diritti-doveri delle altre coppie che come noi si presentano in comune per il riconoscimento.
Perché?! Gridiamo a gran voce. Perché?!
Semplice dice l’ufficiale, vi chiamate Paolo e Claudio, siete due uomini.
Ah! E' vero siamo due uomini, ma siamo soprattutto due Persone.
Sono tantissime le storie che si infrangono davanti a una legge vecchia e discriminatoria. Oggi grazie a tanti che osano dichiararsi pubblicamente è venuto il tempo di aggiornare quella legge che contraddice l’articolo 3 della Costituzione creando una gravissima discriminazione su base sessuale.
Riprendo una frase di Pier Paolo Pasolini, negli Scritti corsari: “E’ significativo che Hitler abbia mandato nei campi di concentramento tre categorie di minoritari col fine di sterminarli, con la stessa motivazione di salvaguardia della difesa della razza: gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali ( gli omosessuali distinti da un triangolo rosa, erano oggetto di trattamenti abominevoli. Sono tuttavia i soli a non aver mai ottenuto dopo la guerra il diritto a un indennizzo). Anzi possiamo aggiungere, sono gli unici per cui le cose sono sostanzialmente continuate come prima, senza il minimo accenno a qualsiasi forma di riabilitazione.”
Anche oggi le cose sono come prima, nulla è cambiato, la legge è rimasta ferma mentre la società è cambiata.
Nel 2008 nello stato Italiano come nella città di Cernusco gli omosessuali sono discriminati, le coppie omosessuali sono trattate come cittadini di serie B, con minori diritti civili, con minori diritti umani.
Ma ricordiamoci bene l’art 3………. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana………….
A quante Persone oggi, viene negato nel nostro paese, il pieno sviluppo della Personalità? Sono tante, forse troppe.
Anche io che vivo la vita di coppia “ricosciuta” dalla legge, so quanto sia importante che ogni Persona scelta la vita di coppia, al di la del sesso e della condizione sociale, possa avere riconosciuti gli stessi diritti e doveri, possa essere pienamente cittadino e cittadina, dove la cittadinanza è il riconoscimento politico dei diritti umani.
Spero che quella che non so definire altro che gratuita cattiveria cessi quanto prima, se non nell’animo delle Persone, intaccate a volte da ipocrisia e conformismo, almeno nella legge dello Stato.
Credere nei propri Valori, significa porre le basi perché coloro che hanno Valori differenti possano esprimerli e viverli, così da coltivare insieme la convivenza delle differenze.
A presto
Claudio
martedì 12 febbraio 2008
La moratoria sull'aborto ultima violenza alle donne
La moratoria sull’aborto ultima violenza alle donne.
di Gustavo Zagrebelsky
di Gustavo Zagrebelsky
La Repubblica . 28 Gennaio, 2008
In una concezione non dogmatica ma (auto) critica della democrazia, quale è propria di ogni spirito laico, nessuna decisione presa è, per ciò stesso, indiscutibile. Il rifiuto della ri-discussione è per ciò stesso una posizione dogmatica, che può nascondere un eccesso o un difetto di sicurezza circa le proprie buone ragioni. Questo, in linea di principio, riguarda dunque anche la legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, "la 194", che pur ha dalla sua due sentenze della Corte costituzionale e un referendum popolare. Ma una discussione costruttiva e, mi sia permesso dire, onesta è il contrario delle parole d'ordine a effetto, che fanno confusione, servono per "crociate" che finiscono per mettere le persone le une contro le altre. Lo slogan "moratoria dell'aborto", stabilendo una "stringente analogia" (cardinalBagnasco alla Cei, il 21 gennaio) tra pena di morte e aborto, accomunati come assassini i legali, ha sì riaperto il problema, ma in modo tale da riaprire anche uno scontro sociale e culturale che vedrebbe, nientemeno, schierati i fautori della vita contro i fautori della morte: i primi, paladini dei valori cristiani; i secondi, intossicati dal famigerato relativismo etico. Insomma, alle solite, un nuovo fronte di quello "scontro di civiltà" che, molti insofferenti della difficile tolleranza, mentre dicono di paventarlo, lo auspicano. Siamo di fronte, come si è detto, a una "iniziativa amica delle donne"? Vediamo. La questione aborto è un intreccio di violenze. Innanzitutto, indubitabilmente, la violenza sull'essere umano in formazione, privato del diritto alla vita.
Ma, in numerose circostanze, ci può essere violenza nella gravidanza stessa, questa volta contro la donna, quando la salute ne sia minacciata, non solo nel corpo ma anche nella mente, da sentimenti di colpa odi sopraffazione, solitudine, indigenza, abbandono. La donna incinta, nelle condizioni normali, è l'orgoglio, onorato e protetto, della società di cui è parte; ma, nelle situazioni anormali, può diventarne la vergogna, il peso o la pietra dello scandalo, scartata e male o punto tollerata. D'altra parte, non solo la gravidanza, ma l'aborto stesso, percepito come via d'uscita da situazioni di necessità senza altro sbocco, si traduce in violenza anche verso la donna, costretta a privarsi del suo diritto alla maternità. C'è poi un potenziale di somma violenza nella capacità limitata delle società umane ad accogliere nuovi nati. La naturale finitezza della terra e delle sue risorse sta contro la pressione demografica crescente e la durata della vita umana. L'iniqua ripartizione dei beni della terra trai popoli, poi, induce soprattutto le nazioni più povere a politiche pubbliche di limitazione della natalità che si avvalgono, come loro mezzo, dell'aborto. Violenze su violenze d'ogni origine, dunque: violenza della natura sulle società; delle società sulla donna; della donna su se stessa e sull'essere indifeso ch'essa porta in sé. E' certamente una tragica condizione quella in cui il concepimento di un essere umano porta con sé un tale potenziale di violenza. Noi forse comprendiamo così il senso profondo della maledizione di Dio: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze» (Gen. 3,22).
Si potrebbe dire che l'aborto, nella maggior parte dei casi, è violenza di deboli su più deboli, provocata da una violenza anteriore. Ma questa è la condizione umana, fino a quando essa patisce la crudeltà della natura e l'ingiustizia della società; una condizione che nessuna minaccia di pene anche severissime, con riguardo all'ultimo anello della catena, quello che unisce la donna al concepito, ha mai potuto cambiare, ma ha sempre e solo sospinto nella clandestinità, con un ulteriore carico di umiliazione e violenza, fisica e morale. In questo quadro, che molte donne conoscono bene, che cosa significa la parola moratoria? Dove si inserirebbe, in questa catena di violenza? La domanda è capitale per capire di che cosa parliamo. Una cosa è chiedere alle Nazioni Unite di condannare i Paesi che usano l'aborto come strumento di controllo demografico e di selezione "di genere". Un celebre scritto del premio Nobel Amartya Seri, pubblicato sulla New York Review of Books del1991, ha richiamato l'attenzione sul fatto che «più di 100 milioni di donne mancano all'appello». Si mostrava lo squilibrio esistente e crescente tra maschi e femmine in Paesi come l'India e la Cina (ma la questione riguarda tutto l'estremo Oriente: quasi la metà degli abitanti del pianeta). Si prevede, ad esempio, che in Cina, nel 2030, l'eccesso di uomini sul "mercato matrimoniale" potrebbe raggiungere il 20%, con drammatiche conseguenze sociali. Le ragioni sono economiche, sociali e culturali molto profonde, radicate e differenziate. Le cause immediate, però, sono l'aborto selettivo e l'infanticidio a danno delle bambine, oltre che l'abbandono nei primi anni di vita.
In quanto, però, vi siano politiche pubbliche di incentivazione o, addirittura, di imposizione, la richiesta di "moratoria" ha certamente un senso. Si interromperebbe la catena della violenza al livello della cosiddetta bio-politica, con effetti liberatori. E diverso, in riferimento alle società dove l'aborto non è imposto, ma è, sotto certe condizioni, ammesso. "Moratoria" non può significare che divieto. Per noi, sarebbe un tornare a prima del 1975, quando la donna che abortiva lo faceva illegalmente, e dunque clandestinamente, rischiando severe sanzioni. Questo esito, per ora, non è dichiarato. I tempi paiono non consentirlo. Ci si limita a chiedere la "revisione" della legge che "regola" l'aborto. Ma l'obbiettivo è quello, come la "stringente analogia" con l'abolizione della pena di morte mostra e come del resto dice il card. Bagnasco: «Non ci può mai essere alcuna legge giusta che regoli l'aborto». Qual è il punto della catena di violenza che la "moratoria" mira a colpire? E' l'ultimo: quello che drammaticamente mette a tu per tu la donna e il concepito. Isolando il dramma dal contesto di tutte le altre violenze, è facile dire: l'inerme, il fragile, l'incolpevole deve essere protetto dalla legge, contro l'arbitrio del più forte. Ma la donna, a sua volta, è soggetto debole rispetto a tante altre violenze psicofisiche, morali, sociali, economiche, incombenti sudi lei. La legge che vietasse l'aborto finirebbe per caricarla integralmente dell'intero peso della violenza di cui la società è intrisa: un peso in molti casi schiacciante, giustificabile solo agli occhi di chi concepisce la maternità come preminente funzione biologico-sociale che ha nell'apparato riproduttivo della donna il suo organo: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze», appunto.
Si comprende, così, che la questione dell'aborto ha sullo sfondo la concezione primaria delle donne come persone oppure come strumenti di riproduzione. E si comprende altresì la ribellione femminile a questa visione della loro sessualità come ufficio sociale. «La condizione della donna gestante è del tutto particolare» e non è giusto gravarla di tanto peso, ha detto la Corte costituzionale in una sua sentenza del 1975, la n. 27. Convivono due soggetti, l'uno dipendente dall'altro, entrambi titolari di diritti, potenzialmente in contraddizione: tragicamente, la donna può diventare nemica del concepito; il concepito, della donna. Da un lato, sta la tutela del concepito fondata sul riconoscimento costituzionale dei diritti inviolabili dell'uomo, «sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie», trattandosi di chi «persona deve ancora diventare». Dall'altro, sta il diritto all'esistenza e alla salute della donna, che »è già persona». Il riconoscimento pieno del diritto di uno si traduce necessariamente nella negazione del diritto dell'altro. Per questo, è incostituzionale l'obbligo giuridico di portare a termine la gravidanza, "costi quel che costi"; ma, per il verso opposto, è incostituzionale anche la pura e semplice volontà della donna, cioè il suo "diritto potestativo" sul concepito (seni. n. 35 del 1997). Si sono cercate soluzioni, per così dire, intermedie, ed è ciò che ha fatto "la 194", prevedendo assistenza sanitaria, limiti di tempo, ipotesi specifiche (stupro o malformazioni) e procedure presso centri ad hoc che accompagnano la donna nella sua decisione: una decisione che, a parte casi particolari (ragazze minorenni), è sua.
La donna, dunque, alla fine, è sola di fronte al concepito e, secondo le circostanze, può essere tragicamente contro di lui. Qui, una mediazione tra i due diritti in conflitto (della donna e del concepito) non è più possibile: aut aut. Le posizioni di principio sono incompatibili, oggi si dice "non negoziabili": l'autodeterminazione della donna contro l'imposizione dello Stato; la procreazione come evento di rilevanza principalmente privata o principalmente pubblica; la concezione del feto come soggetto non ancora formato o come persona umana in formazione; la legge come strumento di mitigazione dei disastri sociali (l'aborto clandestino) o come testimonianza di una visione morale della vita. Alla fine, il vero contrasto è tra una concezione della società incentrata sui suoi componenti, i loro diritti e le loro responsabilità, e un'altra concezione incentrata sull'organismo sociale, i cui componenti sono organi gravati di doveri, anche estremi. Si vede il dissidio, per così dire, allo stato puro nel caso della scelta tra la vita della madre e quella del feto, quando non possibile salvare e l'una e l'altra: la sensibilità non cattolica più diffusa dice: prevalga la vita della donna, persona in atto; la morale cattolica dice: prevalga la vita del nascituro, persona solo in potenza. Secondo le circostanze. Sul terreno delle circostanze, a differenza di quello dei principi, è possibile lavorare pragmaticamente per ridurre, nei limiti del possibile, le violenze generatrici di aborto.
Educazione sessuale, per prevenire le gravidanze che non si potranno poi sostenere; giustizia sociale, per assicurare alle giovani coppie la tranquillità verso un avvenire in cui la nascita d'un figlio non sia un dramma; occupazione e stabilità nel lavoro, per evitare alla donna il ricatto del licenziamento; servizi sociali e sostegni economici a favore della libertà dei genitori indigenti. Dalla mancanza di tutto questo dipende l'aborto "di necessità", che - si dirà - è però una parte soltanto del problema. Ma l'altra parte, l'aborto "per leggerezza", troverà comunque le sue vie di fatto per chi ha i mezzi di procurarselo, indipendentemente dalla legge. In ogni caso, non è accettabile che di necessità e leggerezza si faccia un unico fascio a danno dei più deboli, spinti dalla necessità, e li si metta sotto la cappa inquisitoriale della criminalizzazione e delle intimidazioni morali, come l'equiparazione dell'aborto all'omicidio e della donna all'omicida. La sorte dei concepiti non voluti si consumerà ugualmente, nel confort delle cliniche private o nella solitudine, nell'umiliazione e nel rischio perl'incolumità. L'esito del referendum del 1981 che, a grande maggioranza (il 68 %) ha confermato "la 194", dipese di certo dal ricordo ancora vivo di ciò che era stato l'aborto clandestino. Ci si può augurare che non se ne debba rifare l'esperienza, per ravvivare il ricordo.
In una concezione non dogmatica ma (auto) critica della democrazia, quale è propria di ogni spirito laico, nessuna decisione presa è, per ciò stesso, indiscutibile. Il rifiuto della ri-discussione è per ciò stesso una posizione dogmatica, che può nascondere un eccesso o un difetto di sicurezza circa le proprie buone ragioni. Questo, in linea di principio, riguarda dunque anche la legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, "la 194", che pur ha dalla sua due sentenze della Corte costituzionale e un referendum popolare. Ma una discussione costruttiva e, mi sia permesso dire, onesta è il contrario delle parole d'ordine a effetto, che fanno confusione, servono per "crociate" che finiscono per mettere le persone le une contro le altre. Lo slogan "moratoria dell'aborto", stabilendo una "stringente analogia" (cardinalBagnasco alla Cei, il 21 gennaio) tra pena di morte e aborto, accomunati come assassini i legali, ha sì riaperto il problema, ma in modo tale da riaprire anche uno scontro sociale e culturale che vedrebbe, nientemeno, schierati i fautori della vita contro i fautori della morte: i primi, paladini dei valori cristiani; i secondi, intossicati dal famigerato relativismo etico. Insomma, alle solite, un nuovo fronte di quello "scontro di civiltà" che, molti insofferenti della difficile tolleranza, mentre dicono di paventarlo, lo auspicano. Siamo di fronte, come si è detto, a una "iniziativa amica delle donne"? Vediamo. La questione aborto è un intreccio di violenze. Innanzitutto, indubitabilmente, la violenza sull'essere umano in formazione, privato del diritto alla vita.
Ma, in numerose circostanze, ci può essere violenza nella gravidanza stessa, questa volta contro la donna, quando la salute ne sia minacciata, non solo nel corpo ma anche nella mente, da sentimenti di colpa odi sopraffazione, solitudine, indigenza, abbandono. La donna incinta, nelle condizioni normali, è l'orgoglio, onorato e protetto, della società di cui è parte; ma, nelle situazioni anormali, può diventarne la vergogna, il peso o la pietra dello scandalo, scartata e male o punto tollerata. D'altra parte, non solo la gravidanza, ma l'aborto stesso, percepito come via d'uscita da situazioni di necessità senza altro sbocco, si traduce in violenza anche verso la donna, costretta a privarsi del suo diritto alla maternità. C'è poi un potenziale di somma violenza nella capacità limitata delle società umane ad accogliere nuovi nati. La naturale finitezza della terra e delle sue risorse sta contro la pressione demografica crescente e la durata della vita umana. L'iniqua ripartizione dei beni della terra trai popoli, poi, induce soprattutto le nazioni più povere a politiche pubbliche di limitazione della natalità che si avvalgono, come loro mezzo, dell'aborto. Violenze su violenze d'ogni origine, dunque: violenza della natura sulle società; delle società sulla donna; della donna su se stessa e sull'essere indifeso ch'essa porta in sé. E' certamente una tragica condizione quella in cui il concepimento di un essere umano porta con sé un tale potenziale di violenza. Noi forse comprendiamo così il senso profondo della maledizione di Dio: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze» (Gen. 3,22).
Si potrebbe dire che l'aborto, nella maggior parte dei casi, è violenza di deboli su più deboli, provocata da una violenza anteriore. Ma questa è la condizione umana, fino a quando essa patisce la crudeltà della natura e l'ingiustizia della società; una condizione che nessuna minaccia di pene anche severissime, con riguardo all'ultimo anello della catena, quello che unisce la donna al concepito, ha mai potuto cambiare, ma ha sempre e solo sospinto nella clandestinità, con un ulteriore carico di umiliazione e violenza, fisica e morale. In questo quadro, che molte donne conoscono bene, che cosa significa la parola moratoria? Dove si inserirebbe, in questa catena di violenza? La domanda è capitale per capire di che cosa parliamo. Una cosa è chiedere alle Nazioni Unite di condannare i Paesi che usano l'aborto come strumento di controllo demografico e di selezione "di genere". Un celebre scritto del premio Nobel Amartya Seri, pubblicato sulla New York Review of Books del1991, ha richiamato l'attenzione sul fatto che «più di 100 milioni di donne mancano all'appello». Si mostrava lo squilibrio esistente e crescente tra maschi e femmine in Paesi come l'India e la Cina (ma la questione riguarda tutto l'estremo Oriente: quasi la metà degli abitanti del pianeta). Si prevede, ad esempio, che in Cina, nel 2030, l'eccesso di uomini sul "mercato matrimoniale" potrebbe raggiungere il 20%, con drammatiche conseguenze sociali. Le ragioni sono economiche, sociali e culturali molto profonde, radicate e differenziate. Le cause immediate, però, sono l'aborto selettivo e l'infanticidio a danno delle bambine, oltre che l'abbandono nei primi anni di vita.
In quanto, però, vi siano politiche pubbliche di incentivazione o, addirittura, di imposizione, la richiesta di "moratoria" ha certamente un senso. Si interromperebbe la catena della violenza al livello della cosiddetta bio-politica, con effetti liberatori. E diverso, in riferimento alle società dove l'aborto non è imposto, ma è, sotto certe condizioni, ammesso. "Moratoria" non può significare che divieto. Per noi, sarebbe un tornare a prima del 1975, quando la donna che abortiva lo faceva illegalmente, e dunque clandestinamente, rischiando severe sanzioni. Questo esito, per ora, non è dichiarato. I tempi paiono non consentirlo. Ci si limita a chiedere la "revisione" della legge che "regola" l'aborto. Ma l'obbiettivo è quello, come la "stringente analogia" con l'abolizione della pena di morte mostra e come del resto dice il card. Bagnasco: «Non ci può mai essere alcuna legge giusta che regoli l'aborto». Qual è il punto della catena di violenza che la "moratoria" mira a colpire? E' l'ultimo: quello che drammaticamente mette a tu per tu la donna e il concepito. Isolando il dramma dal contesto di tutte le altre violenze, è facile dire: l'inerme, il fragile, l'incolpevole deve essere protetto dalla legge, contro l'arbitrio del più forte. Ma la donna, a sua volta, è soggetto debole rispetto a tante altre violenze psicofisiche, morali, sociali, economiche, incombenti sudi lei. La legge che vietasse l'aborto finirebbe per caricarla integralmente dell'intero peso della violenza di cui la società è intrisa: un peso in molti casi schiacciante, giustificabile solo agli occhi di chi concepisce la maternità come preminente funzione biologico-sociale che ha nell'apparato riproduttivo della donna il suo organo: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze», appunto.
Si comprende, così, che la questione dell'aborto ha sullo sfondo la concezione primaria delle donne come persone oppure come strumenti di riproduzione. E si comprende altresì la ribellione femminile a questa visione della loro sessualità come ufficio sociale. «La condizione della donna gestante è del tutto particolare» e non è giusto gravarla di tanto peso, ha detto la Corte costituzionale in una sua sentenza del 1975, la n. 27. Convivono due soggetti, l'uno dipendente dall'altro, entrambi titolari di diritti, potenzialmente in contraddizione: tragicamente, la donna può diventare nemica del concepito; il concepito, della donna. Da un lato, sta la tutela del concepito fondata sul riconoscimento costituzionale dei diritti inviolabili dell'uomo, «sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie», trattandosi di chi «persona deve ancora diventare». Dall'altro, sta il diritto all'esistenza e alla salute della donna, che »è già persona». Il riconoscimento pieno del diritto di uno si traduce necessariamente nella negazione del diritto dell'altro. Per questo, è incostituzionale l'obbligo giuridico di portare a termine la gravidanza, "costi quel che costi"; ma, per il verso opposto, è incostituzionale anche la pura e semplice volontà della donna, cioè il suo "diritto potestativo" sul concepito (seni. n. 35 del 1997). Si sono cercate soluzioni, per così dire, intermedie, ed è ciò che ha fatto "la 194", prevedendo assistenza sanitaria, limiti di tempo, ipotesi specifiche (stupro o malformazioni) e procedure presso centri ad hoc che accompagnano la donna nella sua decisione: una decisione che, a parte casi particolari (ragazze minorenni), è sua.
La donna, dunque, alla fine, è sola di fronte al concepito e, secondo le circostanze, può essere tragicamente contro di lui. Qui, una mediazione tra i due diritti in conflitto (della donna e del concepito) non è più possibile: aut aut. Le posizioni di principio sono incompatibili, oggi si dice "non negoziabili": l'autodeterminazione della donna contro l'imposizione dello Stato; la procreazione come evento di rilevanza principalmente privata o principalmente pubblica; la concezione del feto come soggetto non ancora formato o come persona umana in formazione; la legge come strumento di mitigazione dei disastri sociali (l'aborto clandestino) o come testimonianza di una visione morale della vita. Alla fine, il vero contrasto è tra una concezione della società incentrata sui suoi componenti, i loro diritti e le loro responsabilità, e un'altra concezione incentrata sull'organismo sociale, i cui componenti sono organi gravati di doveri, anche estremi. Si vede il dissidio, per così dire, allo stato puro nel caso della scelta tra la vita della madre e quella del feto, quando non possibile salvare e l'una e l'altra: la sensibilità non cattolica più diffusa dice: prevalga la vita della donna, persona in atto; la morale cattolica dice: prevalga la vita del nascituro, persona solo in potenza. Secondo le circostanze. Sul terreno delle circostanze, a differenza di quello dei principi, è possibile lavorare pragmaticamente per ridurre, nei limiti del possibile, le violenze generatrici di aborto.
Educazione sessuale, per prevenire le gravidanze che non si potranno poi sostenere; giustizia sociale, per assicurare alle giovani coppie la tranquillità verso un avvenire in cui la nascita d'un figlio non sia un dramma; occupazione e stabilità nel lavoro, per evitare alla donna il ricatto del licenziamento; servizi sociali e sostegni economici a favore della libertà dei genitori indigenti. Dalla mancanza di tutto questo dipende l'aborto "di necessità", che - si dirà - è però una parte soltanto del problema. Ma l'altra parte, l'aborto "per leggerezza", troverà comunque le sue vie di fatto per chi ha i mezzi di procurarselo, indipendentemente dalla legge. In ogni caso, non è accettabile che di necessità e leggerezza si faccia un unico fascio a danno dei più deboli, spinti dalla necessità, e li si metta sotto la cappa inquisitoriale della criminalizzazione e delle intimidazioni morali, come l'equiparazione dell'aborto all'omicidio e della donna all'omicida. La sorte dei concepiti non voluti si consumerà ugualmente, nel confort delle cliniche private o nella solitudine, nell'umiliazione e nel rischio perl'incolumità. L'esito del referendum del 1981 che, a grande maggioranza (il 68 %) ha confermato "la 194", dipese di certo dal ricordo ancora vivo di ciò che era stato l'aborto clandestino. Ci si può augurare che non se ne debba rifare l'esperienza, per ravvivare il ricordo.
lunedì 11 febbraio 2008
Come nasce Persona e Città
Da dove nasce Persona e Città?
Dall' incontro dell'estate 2005 all'eremo di Camaldoli con la Rosa Bianca e le Persone ad essa aderenti.
La Rosa Bianca italiana è un'associazione nata 27 anni fà, di cultura e impegno politico. Prende il nome e l'ispirazione dal gruppo di studenti tedeschi che si opposero sessant'anni fa al regime di Hitler a mani nude. Per questo furono arrestati, condannati per alto tradimento e decapitati da un'efficiente ghigliottina. La loro storia continua a commuoverci e a orientare le scelte dell'associazione.
La tutela dell'interiorità, la formazione del sapere critico, la cura della vita, la convivenza delle differenze sono spunti e temi di riflessione tratti da uno dei libri di riferimento dell'associazione.
Da questo incontro nasce in me la consapevolezza della città come luogo di eccellenza in cui la Persona riconosce e si riconosce con e oltre le fedi e le culture.
Dall'impegno parrocchiale e oratoriano con il GSO faccio un salto nell'impegno in città, dapprima lanciando la trasmissione Persona e Città su Radio Cernusco Stereo, poi in politica, candidandomi alle amministrative del maggio 2007 e diventando di seguito consigliere comunale.
Il gusto della fede trasportato in un luogo comune senza più identificazione ma quale lettura e stimolo all'incontro con gli altri, con tutti.
E nell'incontro con tutti non è più il valore della fede che detta i principi, bensi il valore dell'incontro, la culla delle differenze che rende a tutti possibile esprimere i propri valori senza sovrapposizioni, senza imposizioni.
Dio e Cesare, confusi da quando Costantino e la Chiesa li hanno confusi insieme.
E' tempo di godere di Dio, è' tempo di godere di Cesare.
Senza contrapposizione ma cercando in Cesare le ragioni sue proprie di riconoscimento.
Senza svendere Dio in Cesare, perchè un valore svenduto è spesso svalorizzato.
Un crocefisso in un luogo pubblico perde di significato. Non è più Dio e non può essere Cesare. cos'è allora?
Forse una consuetudine che sfocia nel conformismo.
Ma consuetudine e conformismo sono la morte dell'anima.
La mia città, dove vivo e condivido una molteplicità di gusti e di colori, spero possa essere un luogo di possibilità e non di discriminazione, senza confusioni e senza paure.
A presto
claudio
Dall' incontro dell'estate 2005 all'eremo di Camaldoli con la Rosa Bianca e le Persone ad essa aderenti.
La Rosa Bianca italiana è un'associazione nata 27 anni fà, di cultura e impegno politico. Prende il nome e l'ispirazione dal gruppo di studenti tedeschi che si opposero sessant'anni fa al regime di Hitler a mani nude. Per questo furono arrestati, condannati per alto tradimento e decapitati da un'efficiente ghigliottina. La loro storia continua a commuoverci e a orientare le scelte dell'associazione.
La tutela dell'interiorità, la formazione del sapere critico, la cura della vita, la convivenza delle differenze sono spunti e temi di riflessione tratti da uno dei libri di riferimento dell'associazione.
Da questo incontro nasce in me la consapevolezza della città come luogo di eccellenza in cui la Persona riconosce e si riconosce con e oltre le fedi e le culture.
Dall'impegno parrocchiale e oratoriano con il GSO faccio un salto nell'impegno in città, dapprima lanciando la trasmissione Persona e Città su Radio Cernusco Stereo, poi in politica, candidandomi alle amministrative del maggio 2007 e diventando di seguito consigliere comunale.
Il gusto della fede trasportato in un luogo comune senza più identificazione ma quale lettura e stimolo all'incontro con gli altri, con tutti.
E nell'incontro con tutti non è più il valore della fede che detta i principi, bensi il valore dell'incontro, la culla delle differenze che rende a tutti possibile esprimere i propri valori senza sovrapposizioni, senza imposizioni.
Dio e Cesare, confusi da quando Costantino e la Chiesa li hanno confusi insieme.
E' tempo di godere di Dio, è' tempo di godere di Cesare.
Senza contrapposizione ma cercando in Cesare le ragioni sue proprie di riconoscimento.
Senza svendere Dio in Cesare, perchè un valore svenduto è spesso svalorizzato.
Un crocefisso in un luogo pubblico perde di significato. Non è più Dio e non può essere Cesare. cos'è allora?
Forse una consuetudine che sfocia nel conformismo.
Ma consuetudine e conformismo sono la morte dell'anima.
La mia città, dove vivo e condivido una molteplicità di gusti e di colori, spero possa essere un luogo di possibilità e non di discriminazione, senza confusioni e senza paure.
A presto
claudio
Il mio primo intervento in consiglio comunale
Consiglio comunale 29 giugno 07, 12 luglio 07
Egregio signor Sindaco, signor Presidente del Consiglio, signore e signori amministratori e consiglieri, signore e signori cittadini qui presenti o in ascolto attraverso la radio.
Come capogruppo di DL Margherita, intendo rivolgere alcune parole di saluto e di augurio.
Per prima cosa, il ringraziamento a quanti hanno votato Eugenio Comincini, permettendoci di essere maggioranza in consiglio comunale.Le preferenze raccolte dal nuovo Sindaco Eugenio Comincini sono state superiori di circa 1300 preferenze alla somma dei voti riferiti alle liste della coalizione. Questo indica quanto la sua Persona abbia dato un valore aggiunto alla coalizione. Di questo siamo fieri e orgogliosi.
Dal 11 giugno Eugenio Comincini è il Sindaco di tutta la città, poiché non c’è una Cernusco di destra o di sinistra, ma una sola Cernusco.
C’è fermento in città. Le persone si aspettano molto da lei e dalla sua squadra, tra la gente si respira una grande attesa sull’operato di questa giunta.
Noi crediamo con forza nella capacità e nella sensibilità dagli assessori da lei nominati, persone trasparenti, competenti e certamente appassionate.
La Margherita è pronta a sostenere con forza questa amministrazione. Un sostegno generoso, che non sarà però passivo. Non vogliamo svilire il ruolo del Consiglio Comunale, che non può ridursi a un mero votificio per far passare i provvedimenti della giunta.
La Margherita è pronta a svolgere con piena responsabilità il suo ruolo di indirizzo politico e di controllo dell’operato degli assessori.
Chiediamo che i consiglieri siano sempre informati e coinvolti nelle decisioni, che le convocazioni del Consiglio e delle Commissioni siano effettuate con l’anticipo necessario ad informarsi approfonditamente sui temi sui quali saremo chiamati a votare.
Siamo pronti ad informare puntualmente i cittadini di tutte le scelte che la Giunta opererà e a sottoporre con puntualità a Sindaco e Assessori le questioni sollevate dai cernuschesi.
La Margherita desidera augurare a tutti i consiglieri un buon lavoro al servizio della nostra città. Auspichiamo un’atteggiamento di responsabilità, a cui ognuno è chiamato dalla virtu della politica che consiste nella preferenza continua dell’interesse pubblico agli interessi propri.
Crediamo in una politica appassionata, carica di ideali, che riporti la persona al centro della comunità, perché la democrazia è fondata sugli individui e non sulla massa.Una politica fatta di discussione e confronto, a volte anche di contrasto, ma che sappia tenere sempre il bene comune come obiettivo principale e imprescindibile. Concepiamo la nostra città come una comunità nella quale ognuno possa riconoscersi, inserito in una trama di relazioni e partecipe della vita di chi gli sta intorno. Cito Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della corte costituzionale, che scrive “nessuna deliberazione ha a che vedere con la ragione o il torto, la verità o l’errore. Non esiste nessuna ragione per sostenere, in generale, che i più vedano meglio, siano più vicini alla verità dei meno.”
Ogni contributo positivo per la comunità, da qualsiasi parte provenga, deve essere bene accetto.
Auspichiamo dunque che l’opposizione svolga il suo ruolo fondamentale senza mai rinunciare a un contributo in termini di idee e programmi e che, a fronte delle critiche mosse, non manchino mai proposte alternative.Le critiche, se costruttive, non possono che fare bene e sono anzi in grado di migliorare l’azione amministrativa.
Ci aspettiamo inoltre un contributo fattivo e un dialogo intenso anche con le forze politiche storicamente radicate sul territorio, equidistanti rispetto agli schemi nazionali ma rimaste escluse da una rappresentanza in Consiglio, come Obiettivo Cernusco.
Ci impegnamo a cercare in ogni occasione di dibattito un punto di incontro per il bene della nostra Cernusco.
Ai cittadini chiediamo di essere partecipi, di non lasciarci soli.Le consulte, il bilancio partecipato e il difensore civico, per citare tre punti del nostro programma, aiuteranno tutti noi a collaborare attivamente alla crescita della nostra città
Ai media un saluto. Ringraziamo la Gazzetta della Martesana , del In Folio, de Il punto, di Cernuscoinsieme e Voce amica che con i loro inviati sono sempre presenti ai lavori del consiglio e attenti alla vita della città. Citiamo Giovanni Paolo II nel messaggio PER LA 37ª GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI) “L’esigenza morale fondamentale di ogni comunicazione è il rispetto per la verità ed il servizio ad essa.” A loro chiediamo di essere sempre leali e trasparenti, rispettando e distinguendo i fatti dalle opinioni.
Chiediamo anche di essere per noi “cani da guardia e non cani da accompagnamento” ( per citare un giornalista scomodo come Marco Travaglio), come invece una certa politica debole vorrebbe.
Ringraziamo anche la radio RCS che svolge da due anni un servizio di ponte tra il consiglio comunale e i cittadini, permettendo a tutte le persone di seguire i lavori attraverso la diretta del consiglio.
Speriamo di poter avere quanto prima oltre alla diretta radiofonica anche la diretta video.
Chiudo ricordando che si va verso la costituzione del partito democratico, di cui la Margherita farà certamente parte. Questo nuovo soggetto politico rappresenterà una novità reale solo se saprà essere un soggetto inclusivo e libero da schemi già fissati. Uno spazio di condivisione aperta, nel quale anche i volti nuovi possano avere peso e spazio, non un luogo di contesa e di concorrenza tra correnti.
Per questo lavorerà la Margherita e questa sarà la linea sulla quale costruiremo il nostro apporto all’Amministrazione della città.
Grazie dell’attenzione e auguri a tutti di buon lavoro.
Claudio Gargantini
Perchè mi candido
maggio 2007
In vista delle elezioni amministrative di maggio voglio raccontarti le motivazioni della mia candidatura a consigliere comunale e del sostegno a Eugenio Comincini candidato sindaco.
In questi ultimi anni ho fatto passaggi importanti. Dopo aver organizzato attivamente la Festa dei Popoli e contribuito al rilancio del GSO Paolo VI, ho deciso di impegnarmi in città.
L'ho fatto attraverso un programma radiofonico su Radio Cernusco Stereo, Persona e città, che vuole essere un momento di partecipazione e conoscenza della vita cittadina. Un impegno che conduco con lo stile che mi ha sempre contraddistinto da quando, giovanissimo ero impegnato in oratorio, con passione, cercando di creare entusiasmo e partecipazione.
La prima iniziativa è stata quella di sollecitare la diretta radiofonica del consiglio comunale, perché credo che la città sia di tutti noi. Questa diretta è una prima occasione di ascolto e partecipazione.
La malattia mi ha colpito a inizio anno con un’ischemia dovuta a un difetto cardiaco. Dopo alcuni mesi posso dirmi fortunato visto il decorso del tutto positivo.
Un’esperienza che non ha frenato la mia disponibilità a candidarmi, ma ha rafforzato la mia attenzione alle persone in difficoltà e non solo.
So anche che tanta è stata l’attenzione nei miei confronti e di questo ringrazio tutti.
A Cernusco sono nato, e a Cernusco come te vivo. Ho visto i prati in cui giocavamo diventare case e poi quartieri. Ho visto tutti noi fare le scelte della propria vita.
L'ho visto fare in una città che cresceva con qualche difetto ma soprattutto con un progetto equilibrato. Tutto questo è venuto a mancare in questi anni.
Ho conosciuto Eugenio nell’esperienza di volontariato alla cooperativa Intermedia. Conosco la sua serietà e la sua competenza. La sua età è un segno di speranza e un’ occasione di rinnovamento.
Con lui mi candido perché ho rilevato che qualcosa non va, l’equilibrio si sta spezzando. Con lui voglio contribuire al progetto di città affinché ognuno di noi possa, non solo stare bene, ma stare meglio. Il programma di tutta la coalizione che sostiene Eugenio va chiaramente in questa direzione.
Con il tuo sostegno potrò diventare consigliere comunale. Mi conosci. Conosci il mio entusiasmo, lo spirito di servizio con cui ho sempre affrontato gli impegni.
Con lo stesso stile e la stessa passione voglio affrontare anche la sfida della politica e del vivere comune.
Attendo con piacere i tuoi suggerimenti.
Claudio
Il perchè di una trasmissione
21 novembre 2005
Persona e Città, tocca l’organizzazione della convivenza umana, a tutti i livelli, dal locus al globus. Riguarda la politica, e in particolare la convivenza delle persone nelle stesso luogo denominato città. Riguarda la religione, la cultura, l’essere sociale come luogo di incontro tra le persone.La nostra convinzione di partenza – che la libertà di tutti non è un limite alla libertà di ciascuno, bensì l’esatto contrario, la condizione necessaria per l’esercizio della libertà di ciascuno – si traduce nel metodo dell’integrazione.
Persona e Città è prima di tutto la scelta di contenere le spinte competitive e di rafforzare la dinamica dell’integrazione.L’integrazione è l’esatto contrario dell’integralismo. Mentre l’integralismo, trasformando un punto di vista nel punto di vista, rende la parte il tutto, cioè assolutizza un punto di vista in una totalità indiscussa e indiscutibile, l’integrazione si fonda sull’equilibrio dinamico di relazioni anche conflittuali, ma non distruttive, tra le parti.L’integrazione può diventare il criterio guida di un impresa comune. L’integrazione è il criterio guida dell’impresa delle persone di essere in relazione, di essere uno-con. Si struttura e organizza attraverso un metodo di comprensione e gestione delle complessità che distingue senza separare e unifichi senza confondere. È una questione di metodo, quindi. La condivisione di grandi ideali e finalità è condizione necessaria ma non sufficiente per la loro realizzazione. L’esperienza ci insegna che non basta essere d’accordo sul “cosa”, occorre soprattutto trovare insieme il “come”.
Già Aristotele spiegava che nell’agire morale e politico il fine è intrinseco all’atto del soggetto e non esterno ad esso. Contenuto (il fine dell’azione) e metodo (l’atto medesimo) non sono la stessa cosa logicamente, ma devono coincidere praticamente. Il primo non può essere attuato senza il concorso pratico realizzativi del secondo.Noi non crediamo che l’egoismo e la brama siano i motori primi. Molte persone scelgono di far prevalere la collaborazione e l’empatia.Le differenze culturali, religiose e economiche sono impressionanti, ma le somiglianze lo sono ancora di più.
Siamo tutti sotto lo stesso cielo, non è giusto che gli dei se lo contendano: è il nostro povero cielo. E quando la pena viaggia e il dolore si sparge in ogni vita, il balsamo sta tutto in quell’ energia segreta che parte da ognuno di noi, e si somma a quelle degli altri, e sposta l’ordine delle cose.
Per quanto riguarda la politica, persona e città significa dare trasparenza all’ essenza della democrazia, dove il governo della città è dato dalla reale partecipazione dei cittadini.Ci sentiamo di dire che senza partecipazione continua dei cittadini non c’è governo, come senza governo non c’è sintesi della partecipazione.Uno strumento che può dare voce al governo e orecchie ai cittadini è senz’altro la partecipazione al consiglio comunale, quale “luogo” privilegiato per la crescita della democrazia e della partecipazione.
La diretta radio può contribuire affinché l’operato del sindaco, della giunta, dei consiglieri tutti, di minoranza e maggioranza, possa essere direttamente conosciuto e apprezzato.È il consiglio il luogo della convivenza e del confronto politico, dato dall’esito della volontà di chi governa realmente, tutti noi cittadini.
Governiamo grazie alle persone che danno tempo e lavoro per costruire il bene comune.Crediamo nel valore dell’integrazione politica, che necessita della contrapposizione dialettica tra maggioranza e opposizione.
Ma maggioranza e opposizione sono custodi della democrazia nata dalle libere elezioni.
Sono garanti, proprio nell’ essere maggioranza e opposizione, della democrazia nella città.
È diritto dell’amministrazione comunale utilizzare i mezzi possibili affichè il proprio operato venga conosciuto da coloro, i cittadini, che hanno dato mandato per l’esercizio del governo della città.
È diritto dei consiglieri di maggioranza e opposizione garantire, nella comune dialettica politica, il portare direttamente ai cittadini quel lavoro svolto per il bene comune.
La radio può contribuire a garantire questo diritto, seguendo le sedute del consiglio comunale.
Riteniamo importante recuperare l’importanza dell’ essere cittadini attivi: un cittadino che non si assume le sue responsabilità in politica è come un credente che non prega, un marito che non ama, un lavoratore che non produce, una mamma che si dimentica di allattare.
Il primo livello di responsabilità politica del cittadino non può ridursi alla singola giornata del voto, ma deve necessariamente essere coltivato ogni giorno nella consapevolezza che la città che cresce nella capacità di determinare il bene comune è sintomo di crescita personale.
La persona si riscopre sempre più in questa modalità dell’ essere cittadino.
Nostro obiettivo è contribuire affinché la politica sempre più torni ad essere luogo di condivisione del bene comune.
Il nostro programma radiofonico, vuole contribuire a riaffermare la bellezza dell’essere partecipi della vita della propria città. Vogliamo essere cittadini attivi.
Persona e Città ha modestamente, le caratteristiche di un percorso.
Ø La comunicazione.Un io che recupera la sua misura si accorge di nuovo degli altri, ne riconosce la presenza nel suo paesaggio interiore e torna in grado di comunicare.La comunicazione affinché sia vera e produca alla fine una sintesi comune, ha bisogno di due condizioni: a) che ciascuno degli interlocutori dica ciò che realmente gli stà a cuore, con chiarezza e in clima di ascolto; b) che la reciproca comprensione porti alla modifica delle posizioni iniziali per arrivare a decisioni condivise.La comunicazione richiede la capacità di ascoltare l’altro nella sua irriducibile diversità e originalità, che è pure diversità e originalità di carattere e stile. L’ascolto ha un che di divino.L’ascolto è una vera e propria arte: il tempo, la pazienza, l’attenzione permettono di affinarla, ma l’apprendimento è senza fine. Fondamentale è rigettare il pregiudizio: la presunzione di sapere a priori ciò che l’altro sta per trasmettere è la pietra tombale di ogni comunicazione.Possiamo dire che la prima regola della comunicazione è l’ascolto.
Ø L’azione.Un azione ragionevole non è mai un azione interamente pensata prima : pretendere di pensare prima l’azione significa votarsi “all’astensione criminale dell’azione”.
Ø Lo strumento.La radio, come luogo di confronto e di racconto delle dinamiche del nostro vivere in città.La radio come tavolo di confronto per comunicare e conoscere tutte le realtà, politiche, sociali, culturali e religiose, che compongono il nostro vivere sotto lo stesso cielo.
Una nuova avventura
Il Blog come modo di comunicare, di allacciare relazioni, di movimentare la terra dopo averla irrorata.
Un mezzo fantastico e moderno, immediatamente presente, in contato con tutti.
Da sempre i mezzi di comunicazione hanno contribuito a cambiare la società.
Internet ha dato un' impennata sconvolgente alla comunicazione e alla conoscenza.
Con un pizzico di paura e di follia inizio ad utilizzare questo mezzo per comunicare pensieri e parole in libertà.
Voglio raccontare ciò che spesso non si può dire, ma che a volte muove di nascosto le nostre azioni.
Voglio essere un buon compagno di viaggio, rispettoso dei valori e delle esperienze che mi circondano.
Voglio riconoscere la città quale luogo di incontro al di là delle fedi e delle culture.
Voglio una Politica che crei le condizioni affinchè ogni Persona possa riconoscere e riconoscersi.
Concedimi se vuoi un tuo pensiero in libertà.
Buon viaggio!
Claudio
Un mezzo fantastico e moderno, immediatamente presente, in contato con tutti.
Da sempre i mezzi di comunicazione hanno contribuito a cambiare la società.
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Voglio raccontare ciò che spesso non si può dire, ma che a volte muove di nascosto le nostre azioni.
Voglio essere un buon compagno di viaggio, rispettoso dei valori e delle esperienze che mi circondano.
Voglio riconoscere la città quale luogo di incontro al di là delle fedi e delle culture.
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Claudio
mercoledì 6 febbraio 2008
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mail claudiogargantini@alice.it
cell. 335.6920669
fax 06.418.69.267
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